La Giornata della Memoria, ogni anno, vuole conservare il ricordo e, soprattutto, la riflessione su quella che è una delle più grandi tragedie vissute dall'umanità, una tragedia forse impossibile da comprendere ma il cui ricordo è indispensabile; ogni anno, si spendono parole più o meno retoriche, più o meno stereotipate o, invece, colme dell'urgenza del racconto, della condivisione di qualcosa che, come ci ammoniscono le parole di Primo Levi e la presenza costante di rigurgiti xenofobi nella politica europea, potrebbe riaccadere. Solo la memoria, meglio se collettiva, di ciò che ci ha preceduto può alimentare la passione per la giustizia e l’affermazione dei diritti - a cominciare dal diritto alla vita.
La data del 27 gennaio è stata istituita per non dimenticare mai cosa fu l’Olocausto, e deve allora essere vissuta e celebrata non come uno stanco rituale, ma come uno strumento per affrontare il presente come storia. Non possiamo scordare nulla, proprio nel momento in cui varie sigle e formazioni naziste, fasciste e razziste, come l’esordiente ‘Alba dorata’, cercano di prendere nuovamente piede nel nostro paese; mentre nel Medio Oriente e in Africa la repressione più feroce e le guerre distruggono vite e territori; quando la stessa crisi economica rispolvera i peggiori populismi di destra, con il loro carico di fanatismo e di odio che predicando l'austerità insinua l'esclusione sociale nella nostra collettività.
Solo la conservazione e la diffusione della memoria può formare nuove coscienze, può evitare che l’inconsapevolezza di ciò che successe in questa Europa, crogiolo a un tempo di civiltà e dei più grandi orrori dell’umanità, possa diffondersi come un’impenetrabile coltre grigia che impedisce di leggere le contraddizioni dell’attuale società. La giornata della memoria serve anche a questo, a ricordarci che, come cittadini, siamo sempre tutti coinvolti.
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