Giovani senza futuro? Tutta colpa loro

Giovani senza futuro? Tutta colpa loro

Creato: Mon, 12/11/2012 - 15:10
Giovani senza futuro? Tutta colpa loro

‘Schizzinoso’, da schizza, naso schiacciato: propriamente «che arriccia il naso, come chi non si giova di una cosa; difficile a contentarsi». Quest’ultimo appellativo per i giovani, seppure forbitamente espresso in lingua inglese - choosy - da Elsa Fornero, Ministro del Lavoro, sembra avere un background differente da quelli, per niente lusinghieri, che l’hanno preceduto.

In principio, infatti, fu l’ormai famigerato ‘bamboccioni’ dello scomparso Tommaso Padoa Schioppa, Ministro dell’Economia e delle Finanze dell’ultimo governo Prodi, e si riferiva a una tendenza che vede i giovani particolarmente legati alla casa (e al sostentamento) dei propri genitori. Una rete di protezione sociale, ma anche una consuetudine storica della famiglia italiana che si è dimostrata, nei fatti, fondamentale per non far sprofondare nelle difficoltà della crisi moltissimi cittadini. Emerge anche dall’ultimo rapporto Coldiret­ti/Censis, dal quale si evidenzia che se coabita con la madre il 31% degli italiani, il 42% ha comunque la madre che abita ad un massimo di 30 minuti dalla sua abitazione. In sostanza l'evoluzione delle funzioni socioeconomiche, con il passaggio alla famiglia come soggetto di welfare che opera come provider di servizi e tutele per i membri che ne hanno bisogno, spiega anche la tendenza a ricompattare, in termini di distanza dalle rispettive abitazioni, i vari componenti, anche quando non coabitano. Fu poi la volta dell’ineffabile Ministro dell’Economia Giulio Tremonti che, riferendosi ai giovani, li bollò con l’italianissimo ‘fannulloni’ che, contestualizzato, si riferiva alla scarsa propensione delle giovani generazioni a proporsi per un lavoro purchessia. Forse si riferiva ai cosiddetti NEET (Not in Employement, Education or Training), 2 milioni in Italia e 1 su 4 se si considera la fascia d’età tra i 15 e i 29 anni, condannati a consumare senza il diritto di produrre. Penultimo, cronologicamente parlando, arriva Michel Martone, classe 1974 e Viceministro al Welfare, che utilizza il giovanilismo ‘sfigato’ per identificare coloro che a 28 anni non si sono ancora laureati.

Storicamente di tutt’altro spessore il richiamo che Karl Marx rivolge ai giovani hegeliani, i ‘rivoluzionari dell’immaginazione’, rimproverati di essere troppo poco radicali, nel senso di andare poco alla radice delle questioni; o la poetica con la quale Dante Alighieri pure relega nell’Inferno dei lussuriosi i giovani Paolo e Francesca, rei di un amore inaccettabile, nel V Canto della Divina Commedia; o il senso di preservazione del futuro con il quale Dio, nel Libro di Daniele della Bibbia, protegge 3 giovani giudei gettati nella fornace del re Nabucodonosor mandando un angelo a salvarli. Altri tempi, altro stile narrativo… Così oggi il laconico sdegno di un Ministro della Repubblica non si leva a commentare e stigmatizzare quello che il rapporto Svimez ha elaborato con una sintesi simbolica, ma efficace, la ‘segregazione occupazionale’, ovvero il fatto che nel Mezzo­giorno la probabilità di lavorare per le giovani donne tra i 15 e i 29 anni è quasi azzerata, con il tasso di occupazione sceso tra aprile e giugno a un minimo del 17%, vale a dire che meno di 2 su 10 hanno un posto. Forse li si potrà definire un po’ noisy quando protestano in piazza per i loro sacrosanti diritti, oppure busy quando si adoperano per il bene comune nell’associazionismo e nel volontariato, o forse easy quando in modo spigliato vivono pienamente la loro giovinezza, ma choosy proprio no.

info: uda@arci.it

ArciReport, 30 ottobre