di Marco Bersani, Forum Italiano dei Movimenti per l’acqua
Dopo la straordinaria vittoria referendaria del giugno 2011, gli attacchi all’esito del voto popolare sono stati immediati e continuati: sia il governo Berlusconi che quello Monti, con diversi provvedimenti, hanno tentato di inficiare sia il primo quesito - che abrogava l’obbligo di privatizzazione dell’acqua e dei servizi pubblici locali - sia il secondo - che abrogava la possibilità di ricavare profitti dalla gestione del servizio idrico integrato.
La mobilitazione nei territori e a livello nazionale del movimento per l’acqua e la consistenza delle ragioni che hanno portato alla vittoria referendaria hanno permesso un primo importante risultato: nel luglio 2012 la Corte Costituzionale ha bocciato tutte le normative che riproponevano la privatizzazione dei servizi pubblici locali con la motivazione del rispetto dell’esito referendario.
Nel frattempo, contro la nuova normativa tariffaria deliberata dall’Autorità dell’Energia Elettrica e del Gas, oltre al rilancio della campagna di ‘obbedienza civile’ per l’autoriduzione delle tariffe, è stato presentato in febbraio un ricorso al Tar della Lombardia. Ma è nei territori che si stanno aprendo importanti spazi in direzione della ripubblicizzazione e una mappatura del ‘cosa sta succedendo e dove’ può aiutare a farsi un quadro di come si stiano costruendo processi in direzione della riappropriazione sociale dell’acqua. Un primo settore riguarda le grandi città: oltre all’esperienza di Napoli, che ha finalmente concluso il processo di trasformazione della società a totale capitale pubblico in azienda speciale, sono state le città di Palermo e Torino a segnare il cambio di direzione. La posizione assunta da quest’ultima è un segnale importante, perché l’aver intrapreso la strada della ripubblicizzazione - pur tra difficoltà e ambiguità - costituisce un’inversione di rotta rispetto alle posizioni di chiusura precedenti.
Da segnalare, in negativo, l’assoluta inerzia quando non l’aperta contrarietà sinora dimostrate dalle giunte di Genova e Milano, i cui sindaci sono stati eletti attraverso percorsi di mobilitazione dal basso nella ormai appassita ‘primavera’ del 2011. Il secondo settore riguarda diversi territori provinciali, dove si registrano prese di posizione che aprono alla ripubblcizzazione: da Imperia a Varese, da Brescia a Vicenza, da Pistoia a Pescara l’uscita dal circuito delle SpA ha smesso di essere un tabù. Il terzo settore è quello delle multi utility, che sinora non era stato apparentemente scalfito dalla battaglia del movimento per l’acqua, ma che addirittura, con la fusione tra Hera (multi utility dell’Emilia Romagna) e Aps-Acegas (multi utility di Padova e Trieste), segnalava un avanzamento della privatizzazione e finanziarizzazione dell’acqua e dei servizi pubblici locali. E invece, proprio sulle multi utility, si sono aperte brecce fondamentali. A cominciare da Iren, da cui si sono sfilate le province di Reggio Emilia e Piacenza, con un possibile aggancio della provincia di Parma che, se condotto a termine, comporterebbe il sostanziale fallimento di una delle più grandi multi utility del Paese. Proseguendo con Hera che sconta la diretta presa di posizione delle province di Forlì-Cesena, di Rimini e di Ravenna per la ripubblicizzzione di Romagna Acque e il successivo scorporo da Hera; così come la recente scelta di Modena di aprire un tavolo per lo studio della possibilità di scorporo del servizio idrico e l’avvio della ripubblicizzazione. Anche su Acea è ai nastri di partenza la campagna per la ripubblicizzazione totale del servizio idrico di Roma, dopo una forte mobilitazione cittadina contro il tentativo della giunta Alemanno di un ulteriore vendita delle quote comunali della società. Se poi aggiungiamo la legge d’iniziativa popolare e degli enti locali presentata in Regione Lazio, quella attualmente in discussione alla Regione Sicilia, la campagna di raccolta firme per analoghe leggi d’iniziativa popolare avviata in Calabria e in Liguria, risulta chiaro che la ripubblicizzazione per l’acqua è in marcia.
Si può dunque riaprire una nuova stagione per l’acqua pubblica che renda concreta a tutti i livelli, territoriale e nazionale, la compiuta realizzazione dell’esito referendario. La partita tra le politiche di austerità e di privatizzazione e la riappropriazione sociale dei beni comuni è più che mai aperta.
Fonte www.arci.it