Ci sono dischi che la stampa non nominerà mai, artisti che non avranno mai le copertine dei giornali specializzati, distratti da cartellette stampa luminescenti, finti hype e l’irresistibile effetto-eco della stampa estera. Parlare dei Sabot vuol dire avere la possibilità di parlare per ore e ore di una realtà underground vera, come quelle dei gruppi hardcore anni 80, fatte di chilometri macinati in furgone, completo controllo di ogni aspetto (show, label, discografia) e un attitudine musicale mai scontata e prevedibile.
Stiamo parlando di una band che ha suonato praticamente in ogni angolo della terra (Cina, Pakistan, Russia, Giappone, Sud America compresi). Invece, fatevi un giro in rete, sembrano un segreto ben custodito..
I Sabot sono in due: Hilary alla batteria e Christopher al basso. Suonano uno stralunato punk-progressive giocato su tempi dispari, riff sbilenchi, basso graffiante e batteria giocherellona come un ipotetico mix di Dysrhythmia, Primus, Minutemen ma che risulta solo “alla Sabot”.
Non siamo dalle parti dei power-duo alla Lightning Bolt, Hella e altre band nervose e irruenti del genere, ma come un band jazz-core virata “riff” tendente a mandarti fuori sincrono al primo momento di “orecchiabilità”. “…lo hanno chiamato hardcore jazz, hard jazz, bass’n'drums, jazzcore, punk’n'bass, scervellandosi in tutti i modi per catalogare un genere musicale che non potrà mai esserlo.
E’ l’esperienza di due giovani californiani che cominciarono più di 20 anni fa con l’hardcore nelle vene e l’anarchismo in testa, due grandi musicisti che con solo basso e batteria richiamano le sinuosità jazz, la potenza dell’industriale, gli stacchi del punk, la velocità dell’hardcore.
Due persone che, lasciata la loro crassa America si sono da un decennio stabilite nella Rep. Ceca, a Tabor, dove da anni lavorano ad un centro (magnifico, in mezzo al bosco) che hanno ristrutturato in cui svolgere ogni tipo di attività non convenzionale. Il progetto C.E.S.T.A. ogni anno svolge un festival tematico dei generi più diversi, dall’esistenziale al sessuale, aperto ad ogni forma di espressione artistica. Per sostenere questo progetto, nonchè per loro piacere personale,
i Sabot ogni anno svolgono un tour che da sempre si dipana dall’Est più estremo all’Ovest, dalla Lettonia ai Paesi Baschi,dall’Austria alla Cina…
Quasi cinque mesi di tour ogni anno, più di 10 cd autoprodotti, un book per festeggiare i 10 anni con un cd di cover di brani famosi…”, ed ora un nuovo cd e un film documentario sul loro tour in Cina, ma soprattutto il loro XX°mo tour. La loro musica si basa interamente sull’apporto della batteria e del basso effettato: il risultato è un genere che si muove con disinvoltura fra il punk, il grindcore, il funk, il free jazz, rifuggendo ogni tentativo di classificazione.
Se è possibile fare un paragone, il più immediato è quello con i Naked City di John Zorn, che hanno infiammato la scena newyorkese dei primi anni ‘80.
Tecnica e potenza, tempi dispari, sincopi e stacchi brutali: la musica dei Sabot è un gioco di incastri e costruzioni matematicamente perfette e, allo stesso tempo, un vorticoso turbine adrenalinico.
Ingresso riservato ai soci ARCI, contributo richiesto ai soci 6,00 €