Intervento di Anna Di Mascio, Portavoce Forum Terzo Settore in Piemonte, durante l'evento "A Torino con il Sud"

Intervento di Anna Di Mascio, Portavoce Forum Terzo Settore in Piemonte, durante l'evento "A Torino con il Sud"

A TORINO CON IL SUD, 29 settembre 2012

Anna Di Mascio Portavoce del Forum del 3° Settore in Piemonte.

Sono qui oggi nel mio ruolo di Portavoce del Forum del Terzo Settore in Piemonte per dare un augurio: più scambi, più relazioni, più contaminazioni, più azioni condivise, possano arricchire le nostre esperienze e i nostri saperi , e possano alimentare e sostenere la creatività di ognuno di noi e delle nostre organizzazioni, nei tempi difficili in cui viviamo.
Mi pare utile restituirvi, come importante Regione del Nord, alcune riflessioni che come Forum del Terzo Settore in Piemonte stiamo conducendo.

In aggiunta ai continui e progressivi tagli lineari delle risorse economiche destinate al Welfare da parte dei nostri Governi, sugli stanziamenti per le politiche sociali, a partire dai governi Berlusconi per finire con la spending review; la nostra Regione , e la città di Torino vivono in modo molto serio, alcuni fenomeni importanti, che toccano profondamente le identità e le azioni del Terzo Settore e delle persone che vi operano:

la mancanza di lavoro e il conseguente aumento dei processi di povertà, dovuto alla mancanza di reddito
il piano di rientro in sanità che ha l’obbligo di ridurre le spese e contenere i costi e la progressiva e continua riduzione degli stanziamenti ai Comuni sui fondi socioassistenziali
il ritardo dei pagamenti della P.A. che mette in ginocchio le imprese sociali , le associazioni di promozione sociale, il volontariato.

Parlare di questi temi di fronte ad una platea di persone che proviene dal Sud Italia e da territori dove l’infrastrutturazione sociale la si sta costruendo, e dove mancanza di lavoro, processi di povertà, ritardo dei pagamenti, criminalità, cattiva amministrazione della cosa pubblica sono fenomeni con i quali si è abituati a convivere, comprendo che possa stupire i nostri ospiti: eppure sono questi i processi con i quali , anche noi qui a Nord , stiamo imparando a convivere.

I dati disponibili relativi all’occupazione ci consegnano una fotografia, per noi, città abituata ad accogliere e integrare chi prima dal Sud Italia, poi dal Sud del mondo arrivava a Torino in cerca di lavoro, che non ci piace e che facciamo fatica a vedere:
la disoccupazione è attestata all’8, 4 % nel 2011, il dato più preoccupante è la disoccupazione giovanile, che è al 28,4% (Fonte Provincia di Torino, Osservatorio sul mercato del lavoro)

Il non avere reddito per sostenere le spese fondamentali quali il pagamento della casa, mutui o canoni di affitto, il ritardo nel percepire gli stipendi sono elementi concreti di diffusione del malessere tra le persone e sono l’inizio di un processo di povertà inarrestabile che coinvolge i nuclei familiari. Rispetto al passato le nostre organizzazioni registrano l’incontro con un numero crescente di persone che in precedenza non si dovevano misurare con il problema della povertà e che oggi vedono mutate le loro condizioni di vita e devono individuare nuove strategie di sopravvivenza. Parallelamente aumentano le condizioni di disagio, di malattie, di maltrattamenti su donne e bambini, di solitudine. Si dà per scontato che siano le famiglie a doversi occupare dei problemi della mancanza di lavoro. Il lavoro e il reddito che ne deriva, è la protezione da tutti i rischi che il welfare non copre più, per lo meno nella percezione di cosa succede qui al Nord Ovest dell’Italia.

Come Forum del TS in Piemonte abbiamo individuato alcune priorità rispetto alle quali svolgere la nostra funzione di stimolo, riflessione, advocacy verso gli interlocutori istituzionali:
La prima è la mancanza di lavoro , le altre due riguardano i bambini e gli adolescenti e gli anziani. Tra i valori fondanti e condivisi, potremmo dire “sacri “ delle nostre comunità, è che nulla possa essere fatto che possa ferire i bambini, e che la nostra responsabilità di adulti, figli un tempo e genitori oggi, ci implica il prendersi cura dei nostri anziani . Ci sono due età della vita che hanno bisogno di cura e attenzioni e anche un pò d’amore: la prima infanzia e la vecchiaia.

Per quanto riguarda i bambini e gli adolescenti non possiamo non denunciare che i nostri governi, da quello nazionale a quello regionale non avvertano il senso e la necessità di mantenere almeno quei già scarsi fondi sufficienti a mantenere quei servizi rivolti a contenere le situazioni di disagio che già sappiamo essere in forte aumento , risorse che servono a dare una possibilità di futuro a quei ragazzi e ragazze che non hanno una famiglia in grado di garantire un accettabile livello educativo e che servono a prevenire condizioni di rischio per la società e di maggiori onerose spese in capo alla sanità per gli anni a venire . Aiutare a crescere un bimbo o una bimba oggi in condizione di normalità vuol dire avere domani un adulto responsabile, in salute, in grado di partecipare alla vita della propria comunità e a contribuire alla costruzione di un Paese nuovo.

E se non siamo noi a prendere in mano il fatto che tra pochi anni la nostra sarà una società di tante persone anziane , e che non avranno certamente le risorse economiche e i risparmi che hanno le nostre famiglie oggi per poter sopravvivere, lasciamo a chi questa responsabilità? Sembra che non siamo in grado di immaginarci un futuro, presi come siamo dalle incombenze del quotidiano, parliamo solo di sanità, che ha certamente il compito di curare le malattie, ma non di aiutarci a riflettere sulla nostra salute che è un bene prezioso, ma anche un percorso, un processo,un’attitudine , dei comportamenti sociali e di vita quotidiana che ci acconsentano di affrontare la vecchiaia con serenità, con più salute e meno malattie.
Il silenzio della politica e dello Stato e della nostra Regione insisto, è quasi assordante ed è vergognoso che i costi del funzionamento della politica siano superiori alle risorse delle politiche sociali, ed è immorale lo sperpero. Non è vero che non ci sono i soldi, è che non vi è una priorità di scelte politiche per il sociale. C’è una concezione del sociale che è intesa come assistenza, e carità , non come promozione della vita e qualità di vita dei territori e delle persone che in quei territori vi abitano. Il welfare è inteso previdenza e pensioni, come spesa da sfrondare e ridurre. E questa concezione riguarda tutto il Paese, il Nord che per la prima volta si trova in queste condizioni e il Sud . Il Welfare è giustizia sociale ed equità, oltre che diritti, e non è negoziabile, possiamo innovarlo, migliorarlo, trasformarlo ma non eliminarlo.

E’ dei giorni scorsi un appello di ANCI Piemonte e delle autonomie locali: l’entità complessiva dei finanziamenti regionali e statali per l’anno 2012 per il socioassistenziale è ridotta a 112 milioni di Euro, 26 milioni di euro in meno rispetto all’anno precedente ( e il fondo sociale risulta ridotto di 29 milioni di euro, passando da 99 a 70). (Fonte Anci Piemonte) Nel 2010, quindi solo due anni fa, i fondi impegnati da parte della Regione Piemonte , compresi i trasferimenti statali, ammontavano a 202 milioni di euro. (Fonte Regione Piemonte). Al Fondo Sanitario alla Regione Piemonte sono stati assegnati 7 miliardi 847 milioni di euro circa. Come si fa a dire che i soldi non ci sono?
E soltanto una minima parte di questi 7 miliardi e 847 milioni, è destinata alle attività di territorio, quali assistenza domiciliare, disabilità , psichiatria, tossicodipendenze: su questi comparti, il fondo per queste attività è pari ( se i Direttori generali delle ASL sono lungimiranti) a quello dell’anno precedente. Peraltro in Piemonte tutto il sistema tariffario è bloccato fino al 2014 , ai prezzi del 2011 con una DGR, in nome del piano di rientro.
Noi la spending review qui l’abbiamo già fatta: non riconoscimento dell’inflazione programmata, riduzione di servizi e soprattutto il ritardo dei pagamenti.
Come Alleanza delle Cooperative italiane in Piemonte, a maggio di questo anno abbiamo lanciato un appello, che tuttora è inascoltato: le cifre nel settore della Cooperazione sociale sono spaventose: il 40% del volume della produzione che svolgiamo è scaduto senza essere pagato, parliamo di 410 milioni di euro arretrati con ritardi di pagamento che vanno dai 360 giorni per le ASL ai 280 gg per i Comuni. Alle cooperative sociali questa situazione costa 23 milioni di euro annui per oneri finanziari, circa 700 euro a socio lavoratore, una tassa illegittima che le Cooperative sopportano per sostenere il debito della PA e che non ci verrà mai restituita.
E’ evidente il paradosso: le imprese sociali si trovano nella situazione di dover anticipare due volte: sia sul fronte dei servizi di welfare, che garantiscono facendosi carico di una importante anticipazione di risorse, sia sul fronte della fiscalità generale alla quale anticipano versamenti relativi al lavoro dei soci che si è svolto senza essere pagato. Per contro la cooperazione sociale ha finora svolto un ruolo di responsabilità . Questa è un tema per tutti noi, soggetti di Terzo Settore, l’ANPAS in Piemonte ha dovuto minacciare l’interruzione di pubblico servizio qualche giorno fa , per ottenere il pagamento delle prestazioni svolte.

Quali sono i dati del Terzo Settore in Piemonte? Disponiamo grazie al’importante lavoro di Iris Network, sull’Impresa Sociale in Italia, dei dati relativi a questo ambito.
In attesa delle rilevazioni del Censimento ISTAT, nell’area geografica del NORD OVEST , Piemonte, Liguria, Lombardia, Valle d’Aosta, il numero di cooperative sociali è di 3092, con 107.402 dipendenti. ( Fonte Euricse, 2011) .
In Piemonte le imprese cooperative sociali sono 721, e 37.113 le lavoratrici e i lavoratori. Il volume della produzione per le cooperative sociali associate all’Alleanza Cooperative Italiane (quindi una parte sepur rilevante delle cooperative sociali, ma non l’universo qui rappresentato) è di 850 milioni di euro circa .
Secondo i dati più recenti della Regione Piemonte, le Associazioni di Volontariato in Piemonte sono 2831, le Associazioni di Promozione Sociale sono 282.

IL tema del lavoro sociale, della sua qualità e della sua retribuzione è da valorizzare.
La crisi di questi anni ha evidenziato che il tradizionale modello di welfare è insostenibile , che il modello capitalistico è inappropriato nel far fronte a nuove sfide sociali e economiche, tra cui la questione occupazionale.
Perché non si da rilievo al valore dell’occupazione che noi rappresentiamo?
Ancora non si è consapevoli che accanto ad una imprenditoria moderna, efficiente, competitiva è necessario sviluppare un sistema di servizi alla persona che ha il pregio, tra tutte le altre qualità di favorire e incrementare l’occupazione anche qualificata? Il Terzo Settore in Italia esprime il 3,5% dell’occupazione totale con tendenza alla crescita ed è parte dell’innovazione e della crescita di questo Paese. La sfera economica e la sfera sociale non possono essere divise e separate. Stiamo imparando a misurare il valore economico e sociale e siamo stati degli anticipatori sui temi del bilancio sociale e della responsabilità sociale, consapevoli come siamo che il paradigma dell’economia non è sufficiente a spiegare il valore delle relazioni, dello scambio, della cura delle persone e dei territori.
Il nostro valore aggiunto sta nella qualità del lavoro prestato, nel favorire l’impiego stabile della forza lavoro femminile, e se si pensa che non c’è expertise specifico, questo non è vero, i dati a nostra disposizione evidenziano “l’elevata qualità del capitale umano presente ed una stabilità dell’occupazione che stimola l’aumento della qualità e della professionalità”. (Fonte Unicredit Foundation).

Per la prima volta nella nostra Regione, dobbiamo affrontare la riduzione delle persone che lavorano con noi. I tagli di cui prima ho cercato di evidenziarne l’entità, si trasformano in licenziamenti individuali o collettivi. E noi non soltanto non vogliamo ma ci pare uno spreco insopportabile: stiamo chiudendo le comunità minori, i servizi di educativa territoriale, i servizi di assistenza domiciliare, le occasioni e opportunità di inserimento lavorativo per le persone svantaggiate, le reti delle organizzazioni di volontariato, i servizi per i bambini e connessi alle scuole, i servizi fatti dalle associazioni di promozione sociale quali lo sporti, i pre-post scuola, i servizi per l’handicap, le disuguaglianze sociali stanno crescendo anche qui nella nostra bella e accogliente città. E i nuovi poveri rischiano di essere parte del nostro tessuto, delle nostre amicizie e dei nostri legami. Accanto a questi fenomeni stiamo assistendo ad una “deregulation del lavoro sociale” e di come le P.A. intendono retribuirlo. Le scarsissime risorse destinate al sociale e la delegittimazione del lavoro sociale sono due facce della stessa medaglia.

Noi siamo soggetti resistenti e voi qui dal Sud ci consegnate una speranza, una possibile visione del futuro. Noi possiamo insegnarvi una buona e corretta amministrazione e gestione delle organizzazioni non profit, a capitalizzare le imprese, a scambiare le nostre migliori pratiche, a consegnarvi modelli e pratiche di rapporto con la pubblica amministrazione che un tempo sono stati modelli di eccellenza. Tutti insieme abbiamo bisogno di risorse economiche per poterne attivare e generare altre e non esclusivamente per sanare i problemi, ma per innovare e contribuire a trasformare il welfare, e abbiamo bisogno di un grande patto tra istituzioni, profit, non profit, cittadini e cittadine. La sussidiarietà va praticata per davvero, e non solo enunciata nei convegni.
Abbiamo degli intenti da portare avanti: migliorare la qualità della vita nostra , delle comunità in cui viviamo e dell’ambiente nel quale siamo immersi a vantaggio di una ecologia del Pianeta e di culture di pace e di tolleranza.

L'articolo sull'evento, La Stampa, 30 Settembre 2012