SABATO 22 ORE 22.00
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------Le morti sul lavoro nel monologo di Salvatore Arena------
Attore Narrante
MASSIMO ZACCARIA
LA STORIA.
Un uomo in una piazza del sud del mondo grida al cielo il suo dolore.
Abbandonato dalla moglie e dal figlio si ritrova da anni ad aspettare un santo che non si
fermerà mai. Aspetta quel santo con fede cieca per ottenere un miracolo di cui non ha
bisogno. Un uomo senza un braccio, questo è per tutti gli altri, per la gente, per se
stesso. La piazza lo stringe, lo circonda. Gli occhi degli altri gli pesano addosso come
piombo. E, tra il ricordo di un sogno, di un figlio che non incontra da anni, vive questa
vita fatta di niente. Pinuccio anni addietro lavorava in una rimessa lavaggio. Un
compagno cade dentro la cisterna al cui interno ci sono vapori di zolfo, non ha scampo,
così come non hanno scampo gli altri tre suoi compagni intervenuti per aiutarlo. Un
Giufà pugliese contro voglia, suo malgrado. Chi è Pinuccio, cosa vuole? Vuole che il
nastro del tempo si riavvolga, vuole cancellare dalla sua testa il ricordo, il senso di colpa
per la morte dei suoi amici. Vorrebbe entrare nella cisterna e salvarli tutti. Invece le cose
che sono avvenute rimangono lì, come un’immagine riflessa dentro l’acqua.
IL FATTO. “la Repubblica” martedì 4 marzo 2008.
“Lunedì 3 marzo 2008, Molfetta. Lo zolfo a contatto con l’acqua diventa acido solforico.
Nessuno lo sapeva. Doveva essere un’operazione di routine, la pulitura di una cisterna
vuota utilizzata per trasportare zolfo. Il grande bidone verde delle Fs cargo chemical
poggiato sulla scocca di un camion e posteggiato sotto la tettoia con le testine rotanti e i
getti d’acqua a 120 gradi. È stata strage, alle tre del pomeriggio. La strage del Truck
center di Molfetta. I vapori velenosi usciti dalla cisterna hanno stordito e risucchiato sul
fondo Guglielmo Mangano, 43 anni. Il collega Luigi Farinosa, 36 anni. Un giovane
camionista, Biagio Sciancalepore, 22 anni, si è attivato un minuto dopo, e un minuto
dopo era già morto dentro la cisterna. Stessa fine per Vincenzo Altomare di 63 anni,
titolare dell’impresa e Michele Tasca di 19 anni, intossicato che muore qualche giorno
dopo in ospedale. Cinque morti. Cinque nuove croci”.
SUL PALCOSCENICO.
Prima di raccontare. Mi chiedo sempre: perché scelgo questa storia e non un’altra? Mi
chiedo qual è il modo giusto, con quale punto di vista la racconto? Come testimone,
come protagonista, come donna, come animale. Ne assumo i suoi occhi. Il corpo poi mi
guida. Nella semplicità della storia cerco la mia nudità di uomo. La verità deve essere
detta tutta senza fronzoli. Mi lascio andare, allora, mi abbandono a quello che i
protagonisti della vicenda vogliono dire. Sosto silenzioso sul palcoscenico e aspetto.
Vedo ombre che si muovono. Io non le inseguo, mi vengono a cercare, loro. Solo alla
fine, stremato, capisco quello che vogliono dire.
Ogni parola mi pesa in bocca, ogni muscolo si allena, per lavare un camion. Si allenavano
i polmoni per non respirare. Sciocco respiro zolfo acceso di un fiammifero per capire e
non capisco. E allora rido e piango. Nessun metodo, solo la leggerezza dell’abbandono.
Nessun metodo. Solo uno sguardo. Solo una parola e non un’altra.