Le (ultime) fatiche di Gianni Amelio

Le (ultime) fatiche di Gianni Amelio

Creato: Tue, 05/06/2012 - 14:42
di: Torino
Le (ultime) fatiche di Gianni Amelio

La redazione di Effettonotteonline ha intervistato Gianni Amelio.

Cominciamo dalla sua ultima creazione. Quanto si identifica in Camus, nei suoi temi peculiari quali lo spaesamento esistenziale e il senso dell'assurdo?
Nessuna identificazione specifica col mondo di Albert Camus. Il primo uomo nasce come film libero dal suo testo di partenza, nel rispetto delle idee dell’autore. Ma in quanto opera autobiografica aveva bisogno di un’attenzione particolare: ho ritenuto opportuno scavare nella mia infanzia, che ha molti punti di contatto con quella dello scrittore, per ricreare meglio certi stati d’animo, certi rapporti familiari. È stato un gesto di umiltà che mi ha permesso, nella parte del film che riguarda Camus bambino, di toccare una verità più intima, più autentica perché condivisa.

Il suo cinema è sempre stato molto attento all'oggi. In che modo, se c'è un modo, le vicende narrate ne Il primo uomo guardano alla contemporaneità?
Ogni film coniuga il presente. Ma non andrei a cercare l’attualità di un‘opera (film o romanzo) in superficie, lasciandomi guidare da alcune possibili affinità con la cronaca. Ho collocato la vicenda negli anni in cui si svolge nel libro. Ma vivo il mio tempo, come ogni lettore o spettatore. Perciò ho cercato di narrare qualcosa di necessario e concreto (dunque contemporaneo) senza illustrare il passato e ricalcarlo inutilmente.

Ci sono altri maestri letterari, oltre a Camus, che indicherebbe come suoi ispiratori?
Tutti quelli che mi hanno aiutato a crescere. Nessuna ispirazione particolare ma una lezione costante di tanti, tanti scrittori. Due li ho citati proprio in questo film : sono Tolstoj e Dostoevskij, che ho letto per la prima volta da ragazzo e che rileggo costantemente.

Parliamo ora del TFF. Fra i tre principali festival italiani, Venezia Roma e Torino, quello del capoluogo piemontese è certamente il meno glamour e forse il più sensibile alla produzione indipendente. Si tratta di un approccio deliberato (e degno d'encomio)? Ritiene che questa posizione verrà rafforzata o indebolita dalla concorrenza con Roma?
Il festival di Torino (che compie trent’anni) ha una tradizione precisa che lo identifica e alla quale si manterrà fedele anche in futuro. Non sarà un altro festival in più o in meno a farci cambiare linea. Andiamo avanti secondo le nostre idee, che poi sono quelle degli spettatori che ci seguono e che amano il TFF per quello che rappresenta in un ambito non solo italiano ma internazionale.

In quali termini vede lo scontro con il festival di Roma? Si tratta dell’ennesimo tentativo di assorbimento romano del monopolio produttivo e culturale? E, in questo caso, quali prospettive ci sono per la Torino cinematografica?
Non esageriamo. Torino avrà il suo festival, le altre città il loro, con formule, ambizioni e budget differenti. Qualcun altro ha forse bisogno di cercare un’identità. Noi l’abbiamo. Non possiamo che migliorare.

Lo scorso anno presentando una proiezione del defunto amico Giannarelli, Gianni Rondolino ha ricordato che, quando lo fondarono, il festival era dedicato specificatamente alla produzione giovanile. Secondo lei è possibile il recupero all'interno del festival di una dimensione dedicata prettamente ai giovani?
Il nostro festival è dedicato nella sua parte essenziale (il concorso) a opere prime o seconde. C’è poi una sezione che si chiama “Rapporto confidenziale” che ogni anno presenta al pubblico italiano un giovane autore importante ma non ancora “consacrato”. Ci sono i documentari e i cortometraggi tutti o quasi diretti e prodotti da debuttanti sui vent’anni. Ci sono dubbi che il TFF non mostri un’attenzione adeguata alla “produzione giovanile”?

Come vede la situazione cinematografica, sia italiana che torinese? C’è ancora una possibilità per il cinema indipendente?
Il cinema “indipendente” vivrà, nonostante i problemi che da sempre condizionano il nostro lavoro. Anzi le difficoltà non fanno che produrre stimoli e ci spingono a metterci sempre in gioco, a non dare mai niente per scontato, a non considerare questo mestiere un privilegio o un dono che viene dall’alto. Se si hanno davvero le idee chiare e le ambizioni giuste, si trova anche il passo giusto per andare avanti.

Come maestro di cinema quali consigli si sentirebbe di elargire ai giovani che provano ispirazione per la Settima Arte e cercano di cimentarvisi?
Di leggere. Di scrivere. Di imparare dagli altri. Di non arrendersi davanti alle difficoltà. Di forgiarsi un bel carattere. Di coltivare il proprio talento, piccolo o grande che sia. 

Effettonotteonline