Sempre più poveri. Per combattere povertà e disoccupazione ci vuole un'altra politica economica in Italia e in Europa

Sempre più poveri. Per combattere povertà e disoccupazione ci vuole un'altra politica economica in Italia e in Europa

Creato: Thu, 25/07/2013 - 16:21
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Sempre più poveri. Per combattere povertà e disoccupazione ci vuole un'altra politica economica in Italia e in Europa
Per combattere povertà e disoccupazione ci vuole un’altra politica economica in Italia e in Europa
 
Gianroberto Casaleggio, il famoso guru di Beppe Grillo, ha recentemente rilasciato sul blog di famiglia un’intervista di un qualche interesse. Almeno lo fa senza urlare. Tra le altre cose afferma che in autunno ci saranno in Italia dei disordini sociali - certo non la guerra civile risponde all’intimorito cronista - a causa del peggiorare della situazione economica. Gli fa eco il ministro Del Rio, che sottolinea come il disagio sociale diffuso possa provocare una rabbia incontrollabile. In effetti, se si leggono con attenzione i dati Istat riportati nella scheda in allegato, c’è solo da stupirsi che una sollevazione popolare non ci sia ancora stata. Disoccupazione, precariato e povertà sono gli elementi in maggiore crescita nelle statistiche che fotografano la nostra condizione sociale. È bene inoltre ricordare che le cifre ufficiali sulla disoccupazione sottostimano stabilmente il fenomeno, poiché escludono dalle rilevazioni i cosiddetti scoraggiati, ovvero coloro che non cercano più lavoro attivamente perché hanno totalmente perso la speranza di trovarlo. Di questo folto e crescente gruppo fanno parte in special modo le donne del sud, cui, visti i miserrimi salari del lavoro precario, conviene tornarsene al lavoro domestico sostituendo per via privata uno stato sociale che non c’è più e che nel Sud è sempre stato piuttosto latente.
 
Nessun provvedimento fin qui assunto dal governo è in grado neppure di tamponare la situazione. Meno che mai il cosiddetto decreto del ‘fare’, sul quale si attende l’immancabile richiesta del voto di fiducia, a dimostrazione che non sono le larghissime maggioranze a dare garanzie per l’approvazione dei provvedimenti governativi.
Nello stesso tempo la risoluzione del Parlamento europeo dell’ottobre 2010 a proposito della istituzione di un reddito minimo garantito, quale misura di lotta alla povertà e di stimolo alla buona occupazione, non è mai stata presa in considerazione.
Il governo Letta si è semplicemente mosso lungo la linea della ulteriore destabilizzazione dei diritti sul lavoro, al punto da modificare l’unica cosa positiva che aveva fatto la Fornero, ovvero una modesto contenimento dei contratti a termine, e ha così eliminato gli intervalli di tempo fra l’uno e l’altro e le motivazioni causali. In pratica condannando i giovani alla ripetizione infinita del rapporto di lavoro precario. E i dati che l’Istat ci fornisce chiariscono che c’è un rapporto diretto e causale fra precarietà e povertà, individuale e famigliare. D’altro canto, chi appena si occupa di questi temi sa che non sono le regole del mercato del lavoro, anche quando sono buone - e non è il nostro caso - che possono generare occupazione. Questa dipende da una politica economica e industriale che punti a un nuovo tipo di sviluppo ecologicamente e socialmente compatibile. E non se ne vede l’ombra. L’avere accettato, unico paese in Europa, addirittura la costituzionalizzazione del pareggio di bilancio oltre che il fiscal compact imposto dalla Ue, taglia le gambe a qualunque possibilità di investimento diretto del pubblico nell’economia. Poiché da anni assistiamo a un declino industriale vero e proprio e all’abbandono da parte del privato dei punti di eccellenza della produzione nella divisione internazionale del lavoro a favore dei facili guadagni - quanto dei repentini crolli - della finanza, non c’è da attendersi una positiva risposta spontanea dell’economia privata. I nodi della lotta alla povertà, al precariato, alla disoccupazione si stringono attorno al radicale cambiamento delle politiche economiche in Italia e in Europa: questo è il tema dei prossimi mesi.
 
 
ArciReport n.29, 23/07/13