Il seminario di Solidar sulla giustizia sociale in Maghreb e Medio Oriente
di Raffaella Bolini, presidenza Arci
Una nutrita delegazione di associazioni, sindacati, fondazioni della riva sud del Mediterraneo ha animato il seminario di Solidar a Bruxelles su Giustizia sociale nel Maghreb e in Medio Oriente, la scorsa settimana.
La discussione è stata intensa. Gli interlocutori della sponda sud hanno portato un contributo forte e competente, interloquendo senza peli sulla lingua con rappresentanti politici e istituzionali europei - anche essi presenti a un livello molto alto.
Il rafforzamento del Forum Sociale Maghreb-Mashrek e il successo del Forum Sociale Mondiale di Tunisi sono sicuramente elementi che cambiano la natura di questo tipo di dialoghi.
Gli attori della sponda sud hanno nel loro Forum una autonoma sede di dibattito, non sono più presenze isolate, nè partner deboli che cercano accreditamento.
Arrivano a Bruxelles per fare avanzare le loro strategie auto-prodotte, e cercano interlocutori che le condividano - non pacche sulle spalle o l’elemosina di un progettino. Sono interessati a Solidar soprattutto perché li mette in contatto diretto con la famiglia socialista - con cui vogliono potersi confrontare.
Inoltre, il ruolo politico di molte organizzazioni sociali del sud è enormemente cresciuto, dopo le rivoluzioni. Per esempio il Forum Tunisino per i Diritti Economici e Sociali è stato formalmente incaricato - insieme al sindacato UGTT e alla Confindustria tunisina - di tentare la mediazione fra governo e opposizione per far uscire il paese dalla gravissima crisi istituzionale.
Questa relazione priva di sudditanza ha permesso di evidenziare bene, nel seminario, i punti di consenso e anche quelli di conflitto che esistono fra la dinamica sociale progressista della riva sud e la famiglia socialdemocratica europea - che ha copromosso, attraverso il Global Progressive Forum, l’evento insieme a Solidar.
Il filo conduttore, condiviso, del dibattito può essere riassunto facilmente in un concetto: la democrazia non esiste se non è fondata sulla giustizia sociale, e la giustizia sociale non può realizzarsi senza un quadro istituzionale e costituzionale democratico - necessario a realizzare politiche che garantiscano insieme sviluppo e redistribuzione della ricchezza.
Non c’è una politica dei due tempi, dunque. Democrazia politica e dignità sociale devono marciare insieme, per non esporre paesi e società a grandi pericoli: frustrazione democratica, disaffezione alla politica, consenso a populismo e radicalismi, all’autoritarismo.
Questo ragionamento non riguarda solo la riva sul del Mediterraneo, è anzi il tema che dovrebbe essere al centro del dibattito europeo sulla crisi. Nessuno può dare lezioni all’altro, c’è un progetto politico e sociale di nuovo Mediterraneo che va costruito insieme e per il quale battersi insieme, in condizioni di pari dignità.
Questi concetti di base hanno trovato nel seminario una larga condivisione. I problemi si evidenziano, come al solito, quando dalla teoria si passa ai fatti. Le critiche alle scelte europee non sono state infatti risparmiate.
Cruciale è la vicenda degli accordi di libero scambio rafforzato che l’Unione Europea sta imponendo ai paesi della sponda sud, per allargare i campi delle liberalizzazioni già in atto agli investimenti, alla proprietà intellettuale, alle commesse statali, al commercio e ai servizi.
Dopo aver distrutto l’agricoltura, il manifatturiero e il tessile con gli accordi esistenti, questi nuovi accordi massacreranno quel poco che resta di economie devastate.
Una regione de-industrializzata, con la più alta disoccupazione giovanile e femminile, dovrebbe poter decidere in autonomia un piano per la propria ricostruzione produttiva - al servizio dei propri interessi di sviluppo, non degli interessi dei mercati internazionali.
Commercio e servizi sono il solo settore che produce lavoro nella regione ed è fondato su piccole e medie imprese. L’ingresso delle multinazionali le distruggerà. Agli europei viene chiesto di battersi per fermarli. A conclusione dell’incontro, Solidar si è impegnata a sviluppare alcuni strumenti per tradurre il dibattito in azione. Sarà messo in opera un meccanismo di allerta sugli sviluppi delle politiche europee. Si svilupperanno meccanismi di pressione politica specifica con le organizzazioni del sud dirette alle istituzioni europee.
Si favorirà la nascita di uno spazio comune fra gli aderenti e le organizzazioni del sud per scambiare buone pratiche, e incontri di rete nella regione. Saranno identificati punti di riferimento stabili fra le organizzazioni sociali della riva sud.
È un passo avanti, non definitivo ma positivo, nella direzione di un lavoro fondato su basi paritarie, anche nella definizione della progettazione. Nella direzione di un superamento del colonialismo che alberga anche nella società civile progressista europea.