Un vero Stato democratico è quello che protegge la vita e i diritti delle sue cittadine e dei suoi cittadini ovunque essi siano, e che protegge la vita e i diritti di tutte le persone che si trovano sul suo territorio. Questo è uno dei principi affermati dal processo tunisino che ha dato il via alla primavera delle rivoluzioni arabe. Lo stesso principio è alla base dell'istituzione - nel primo governo eletto liberamente - di un nuovo ministero: il Segretariato di Stato alle migrazioni e ai tunisini all'estero.
La Tunisia è un Paese d'emigrazione, con più del 10% della popolazione che vive all'estero, ma da qualche anno è diventato anche un Paese di immigrazione e di transito. Non può più fare a meno di una politica indipendente, democratica ed equilibrata sulle migrazioni, né di strategie coerenti per metterla in pratica. Una politica indipendente è quella che non è dettata dalle pressioni esercitate in contesti informali senza preoccuparsi dell'interesse nazionale. Una politica democratica è quella che viene concertata in istituzioni legittimate e che tengono conto delle aspettative dei cittadini. Una politica sull'immigrazione equilibrata è quella che non tralascia l'interesse del Paese d'accoglienza né del Paese d'origine, ma soprattutto gli interessi dei migranti. La nuova Tunisia considera una simile politica possibile, necessaria e ineluttabile.
L'Italia, insieme alla Francia, è uno dei nostri primi due partner economici e uno dei primi due Paesi di emigrazione dei tunisini. Gli interessi condivisi, tra Italia e Tunisia, nel campo della produzione e degli investimenti, nel turismo e in ambito energetico, grazie alla prossimità geografica e culturale o per le affinità storiche plurimillenarie, sono evidenti a tutti. Nonostante ciò, la Storia condivisa degli ultimi decenni è stata caratterizzata da rapporti non equilibrati, e da avvenimenti indegni di Paesi amici che si dichiarano democratici.
Questa realtà va imputata a politiche irresponsabili portate avanti da dirigenti motivati, da parte tunisina, dal mantenimento di un potere impopolare e antidemocratico, da parte italiana, dalla ricerca di benefici elettorali populisti e a breve termine. Lo spettacolo indegno di cui l'isola di Lampedusa è stata teatro, la situazione nei centri di detenzione che si sono moltiplicati sul territorio italiano, le tragedie che hanno fatto del canale di Sicilia un enorme cimitero, o più semplicemente le condizioni di vita di molti migranti nelle città e nelle campagne sono le manifestazioni più eclatanti di questo disastro.
Le altre cause, più profonde, di questo fiasco sono da ricercare in un atteggiamento di criminalizzazione della migrazione e nella gestione securitaria della mobilità di manodopera a dispetto dei diritti umani e delle realtà economiche e sociali. Le politiche migratorie realizzate in Europa da trent'anni sulla base di questi assunti hanno avuto un effetto nefasto per tutte le società coinvolte, oltre a conseguenze negative in termini di violazione generalizzata dei diritti fondamentali. Noi, tunisine e tunisini del dopo-dittatura, vorremmo proporre all'Italia di avviare un'esperienza che sia modello di rapporti virtuosi nel campo delle migrazioni, cioè di rapporti che rompano con le politiche nefaste e costose ancora in corso, in un'epoca in cui sforzi giganteschi dovrebbero invece essere indirizzati alla soluzione della crisi. Virtuosi sono quei rapporti fondati sul rispetto, la presa in carico degli interessi reciproci e la difesa dei diritti fondamentali di tutti.
Sappiamo di un linguaggio nuovo che si è affermato recentemente tra i responsabili italiani, segnale di realismo e coraggio rispetto alla politiche migratorie, in particolare da parte del ministro Riccardi incaricato della Cooperazione e dell'Integrazione. Auspichiamo dunque di poter approfondire queste tematiche, è tempo di aprire questo cantiere. Vorremmo infine condividere una questione che è per noi della massima priorità, per i suoi risvolti umanitari e tragici: quella dei migranti dispersi e di coloro che vengono chiamati i tunisini di Lampedusa.
Migliaia di giovani migranti si sono diretti verso le coste europee sulla scia delle insurrezioni tunisina, egiziana e libica, per cercare condizioni degne di vita.
Molti di loro sono stati presto disillusi. Centinaia sono morti annegati. E poi ci sono i dispersi, quelli che da quasi un anno non mandano notizie ai loro cari, ma di cui non si può affermare con certezza che siano annegati; si tratta di circa trecento persone. Tra loro, c'è anche chi, in base a elementi abbastanza solidi, dovrebbe essere giunto sulle coste italiane. Questi dispersi hanno famiglie che non si rassegnano e chiedono alle autorità delle risposte.
Facciamo di questa questione la nostra priorità, perché siamo convinti che la loro vita non conti meno delle altre e una vera democrazia lo deve dimostrare coi fatti.
Chiediamo al governo italiano di fornire tutta la cooperazione necessaria per far luce sulla sorte di questi cittadini tunisini dispersi, perché senza ristabilire un rapporto di fiducia è impossibile avere rapporti amichevoli. E nessuna fiducia ci può essere verso chi ritiene che la vita dei tuoi figli conti poco.
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